La storia del Museo Teatrale alla Scala inizia nel 1911, quando intorno ad un tavolo del Teatro alla Scala si riunirono il
Duca Uberto Visconti di Modrone, il prof. Lodovico Pogliaghi, il compositore e librettista Arrigo Boito, il corrispondente de
"Il Secolo" Signor Borsa, il Senatore Mangili, il Conte Leopoldo Pullè e il Dottor Gino (Ettore) Modiglioni,
Direttore della Pinacoteca di Brera.
Chi erano questi uomini? Erano tra i personaggi più in vista della Milano di quegli anni, quasi tutti esponenti del ricco
panorama culturale cittadino e, se non altro per passione, legati al teatro alla Scala. La decisione da prendere attorno a
quel tavolo riguardava l’acquisto della collezione teatrale dell’antiquario Giulio Sambon che a Parigi veniva messa all’asta
nei primi giorni di maggio di quell’anno. Essa avrebbe potuto dare vita al nucleo originario di una vasta collezione teatrale
alla cui costituzione il mondo intellettuale milanese legato al Teatro alla Scala guardava con attenzione da molto tempo,
sin dai primi anni del secolo.
L’asta della preziosa collezione era però imminente: come trovare i fondi necessari in una sola settimana?
Coll’aiuto del governo e di 50 cittadini, che sottoscrissero ognuno una quota di 5.000 lire dell’epoca, dopo una serie di
rocambolesche avventure per strappare la collezione al miliardario americano J.P. Morgan , il sogno divenne realtà
e la collezione venne consegnata alla città di Milano.
Il Museo fu ufficialmente aperto l’8 marzo 1913 nell’ex Casino Ricordi annesso al teatro alla Scala con una cerimonia
solenne. A quel nucleo iniziale, costituito dalla collezione Sambon, si sono aggiunte negli anni numerose donazioni
e acquisti che rendono a tutt’oggi la collezione del Museo tra le più ricche e invidiate del mondo.
Tra i depositi vanno segnalati quello della Casa di riposo per musicisti Fondazione Giuseppe Verdi, oltre a quelli pubblici.
Al Museo è annessa la Biblioteca, fondata nella sua conformazione attuale con i 40.000 volumi donati dall’autore
e critico del Corriere della Sera Renato Simoni nel 1952, che volle fosse dedicata a sua madre Livia, continuamente
arricchita e aggiornata.