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Visita ai Palazzi dei Rolli
Passeggiata del 23 febbraio 2008



PALAZZO PATRONE
Largo della Zecca, 2


Foto L'edificio è ubicato tra Via di Sant'Agnese e Via Vallechiara, mentre il fronte è quasi non percettibile essendo collocato in un sito soffocato dal traffico intenso come è Largo Zecca.
L'apertura della galleria Portello/Zecca e l'ampliamento della strada che porta in Piazza Nunziata, in seguito alla quale fu tagliata una fetta dell'edificio sul lato verso Via Sant'Agnese nel 1898, hanno alterato l'insediamento urbanistico originario.

Il palazzo, fatto erigere nel 1619 da Giacomo Lomellini – doge della Repubblica nel 1625, è uno dei tesori meno conosciuti dell'arte genovese. Rimase di proprietà dei Lomellini fino al 1855 circa, quando fu acquistato dalla famiglia Patrone, che lo tenne fino al 1898.
Divenne in seguito proprietà del Comune di Genova e fu dapprima sede del Comando di Corpo d'Armata, poi destinato all'Ufficio Stampa della Conferenza di Genova nel 1922, successivamente in uso ai Servizi Demografici del Comune e anche sede del Fascio.
Naturalmente la destinazione ad uso pubblico rese necessari lavori di adattamento eseguiti sotto la direzione di Antonio Orazio Quinzio e oggi è sede del Comando Militare Regionale.

Foto Compare per la prima volta iscritto nei Rolli al terzo bussolo nel 1588 e nel secondo nel 1614 e 1664. È, come accennato, un raro esempio di dimora nobiliare e la decorazione a fresco, che orna molte sale e salotti, è ispirata a un unico personaggio, Esther, eroina biblica protagonista di un poema "La Reina Esther" scritto dal genovese Ansaldo Cebà nel 17º secolo. I relativi affreschi, eseguiti tra il 1589 e 1669, sono di Domenico Fiasella e strutturati in tre episodi fondamentali della storia di Esther e Assuero, illustrati nelle grandi volte tra il primo e secondo piano del palazzo.

In successione, nella volta dell'atrio "la caduta di Gerusalemme", in quella del primo piano nobile "il banchetto di Assuero" e in quella del secondo piano nobile "la scelta di Esther da parte di Assuero".
Foto Il poema del Cebà esemplifica, trasponendone il significato, il concetto della integrità morale della Repubblica di Genova che trionfa sulle trame e congiure ordite a suo danno. Infatti, come Esther tradita da Amman, trionfa e viene eletta Regina da Assuero che condanna a morte il traditore, così la Repubblica di Genova esce vittoriosa dalla congiura ordita da Giulio Cesare Vacchero e scoperta dal Doge Lomellini, che infligge la giusta punizione al traditore.

Il grande atrio è caratterizzato da una doppia fila di colonne, dominato dal grande affresco e una struttura a telamoni regge una cornice su cui si affaccia una serie di putti. Alle pareti sono collocate grandi tele a olio, opere di Gio. Andrea De Ferrari, di Domenico Piola e di Giulio Cesare Procaccino.
In un appartamento del terzo piano altri ambienti con volte affrescate, opere di Jacopo Antonio Boni e della scuola di Giuseppe Ratti.

Dall'edificio, partendo dal secondo piano nobile, si accede all'annesso antico Palazzo De Marini–Spinola della Priora di Sant'Agnese, che troviamo iscritto nei Rolli al primo bussolo nel 1614 e al secondo nel 1664. Appartenne ai Cattaneo De Marini e poi acquistato da Gio.Luca Spinola. Nel 1752 passò al Magistrato dei Poveri e, infine, al Comune di Genova.
Gli affreschi sono di Giovanni e Giavanni Battista Carlone ma in due secoli subisce trasformazioni tali da alterare la pianta originaria e pertanto, dell'impianto cinquecentesco, resta soltanto la torretta di servizio che sporge su Via Sant'Agnese.


CHIESA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA DEL VASTATO
Piazza della Nunziata


Foto Ci troviamo in Piazza della Nunziata e possiamo ammirare appunto la Chiesa della SS. Annunziata del Vastato, che presenta un monumentale pronao ottocentesco, parziale realizzazione di un progetto mai completato di G. B. Resasco nel 1841.

Fu fondata nel 1228 dagli Umiliati e nel 1505 ricostruita dall'Ordine dei Minori di San Francesco di Castelletto. Inizialmente intitolata a San Francesco, assunse la dedica alla SS. Annunziata in occasione del suo passaggio nel 1537 all'Ordine dei Francescani Osservanti. Sotto il giuspatronato dei Lomellini, ottenuto nel 1591, furono apportate sensibili modifiche sia all'impianto che alla volumetria dell'edificio.
L'interno venne decorato con stucchi, marmi , affreschi e impreziosito nel tempo con quadri di valenti pittori quali Fiasella, Carbone, Assereto, De Ferrari, Piola, Strozzi e scultori come Orsolino, Maragliano, Orlandina.
Foto È una delle chiese barocche più belle e più ricche di Genova e la facciata, che in origine era simile a quella del Gesù, fu modificata nelle forme attuali neoclassiche nel 1863 da Carlo Barabino.
Il corpo principale era diviso in tre navate centrali e due laterali più piccole, che alla fine del 1500 furono occupate dalle cappelle. Le volte leggermente acute erano sorrette da colonne di marmo bianco e pietra scura, con capitelli corinzi.
Tale struttura gotica fu nascosta nel 1600 sotto il rivestimento marmoreo. In tale periodo fu ingrandito anche il convento aggiungendo nuovi chiostri.
Nel 1942, 1943 e 1944, durante l'ultimo conflitto, subì notevoli danneggiamenti. Le cappelle della navata destra furono squarciate con i marmi, affreschi e ori frantumati e tele danneggiate, marmi e parte degli affreschi del coro e del convento distrutti, come pure l'altare maggiore e metà anteriore della navata sinistra.
Foto Dieci anni dopo la guerra fu dato inizio ai lavori di riparazione dei danni rialzando le mura, ricomponendo cappella per cappella i marmi infranti, ritoccando affreschi; in tal modo si potè riaprire al culto l'intero edificio.
Una strana malasorte colpì diversi artisti che si occuparono della sua ristrutturazione. Andrea Ansaldo riuscì per un pelo a sfuggire a un agguato tesogli da colleghi invidiosi dell'affresco "Il Paradiso", dipinto nella cupola; Luciano Borzone, mentre stava dipingendo nel 1645 "il Presepe" nella cappella a capo della navata di sinistra, cadde dall'impalcatura e morì; il dipinto fu terminato dai figli G. Battista e Carlo che a loro volta morirono di peste nel 1657.

Ricordiamo che è Basilica Minore, oltre che Parrocchia gentilizia dei Lomellini Tabarca, personale di Agostino e dei suoi eredi e anche parrocchia territoriale.

VISITA GUIDATA

NAVATA DESTRA:

  1. Cappella di San Bernardino da Siena. (Passaggi)
    Altare: tela "Miracolo di San Bernardino" di Gio Battista Carbone.
    Lato destro: tela "Il Presepe con San Francesco" di Guglielmo Caccia, il Moncalvo.
    Lato sinistro: tela "Agar e Ismaele" di Gio Andrea De Ferrari.
    Arcone: affresco "Storie della vita di San Bernardino" di G.B: Carlone.
    Rivestimento marmoreo di Carlo Solaro e putti del figlio Daniele.

  2. Cappella di San Bonaventura da Bagnoregio. (Aronio)
    Altare: tela "La discesa dello Spirito Santo" di un seguace di D. Piola.
    Lato sinistro: tela "Miracolo di San Bonaventura" di ignoto e tela in alto "Beata Giovanna" di Nicolò Carlone.
    Arcone: affresco "Episodi della vita del Santo" di G. B. Carlone.

  3. Cappella di San Giovanni Battista. (Moranti)
    Altare: gruppo ligneo policromo "Spoliazione di Cristo" di A.M. Maragliano.
    Lato destro: tela "San Tommaso d'Aquino adorante il Crocefisso" di D. Piola e, in alto, tela "San Sebastiano" di ignoto.
    Lato sinistro: tela "Miracolo di San Diego" di Simone Barabino e, in alto, tela "San Girolamo" di Gioacchino Assereto.
    Opere marmoree: di Francesco Macetti e Carlo Solaro.

  4. Cappella di San Luigi IX Re di Francia. (Nazione francese)
    Altare: tela "San Luigi in adorazione della Croce" di G.B. Cantone.
    Pareti laterali: a destra, tela "Beneficenza di San Luigi" e a sinistra, tela "San Luigi cura gli Appestati" di Claudio Francesco Beaumont.

  5. Cappella di San Pietro d'Alcantara. (Grimaldi, Cosso)
    Altare: tela "Estasi del Santo" di G.B. Carlone.
    Lato destro: tela "Santa Giovanna" di Daniele Crespi, ma attribuita anche a Giulio
    Cesare Procaccini e, in alto, tela "Riposo durante la fuga in Egitto" di L. Carracci.
    Lato sinistro: tela "Vergine col Bambino e i Santi Gregorio e Orsola" di Antonio Maria Piola e, in alto, tela "Cena in Emmaus" di ignoto.

  6. Cappella della Santissima Annunziata. (Gentile)
    Altare: tela "Annunciazione" di Domenico Piola.
    Pareti laterali: a destra, tela "Presentazione della Vergine al Tempio" e a sinistra, tela "Visita a Santa Elisabetta" di Andrea Carlone, in alto, tela "Profeti" di ignoto.

TRANSETTO DESTRO:
  1. Cappella di Sant'Antonio da Padova. (De Fornari - Del Bene)
    Altare: gruppo ligneo "Estasi di Sant'Antonio" di Honoré Pelleacute;; paliotto di Tommaso Garvoalio e rivestimento marmoreo di Giacomo Porta.

CAPPELLE ALLA DESTRA DELL'ALTARE MAGGIORE:
  1. Cappella di San Domenico in Soriano. (Francescani, Ponticelli)
    Altare: "Miracolo di San Domenico in Soriano" di Tommaso Clerici, colonne marmoree di Dionisio Corte.
    Lato destro: tela "San Pietro D'Alcantara comunica Santa Teresa d'Avila alla presenza dei Santi Francesco e Antonio da Padova" di ignoto e, in alto, "San Francesco" di Nicolò Carlone.
    Lato sinistro: tela "Gli Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele" di Tommaso Clerici e, in alto, tela "San Bonaventura" di Nicolò Carlone.
    Arcone: tre pannelli affrescati raffiguranti "La Gloria di San Domenico e Angeli" di N. Carlone.

  2. Cappella di Santa Maria di Loreto. (Lomellini Napolioni, Durazzo)
    Altare: marmo "Madonna di Loreto" di Leonardo Mirano e rivestimento marmoreo di Giacomo Porta.
    Lato sinistro: Tela "Miracolo di San Salvatore da Horta" di G.B. Carlone.
    Cupola: affresco "Miracoli della Vergine Lauretana" di G.B. Carlone.

PRESBITERIO: (Lomellini)
  1. Altare maggiore di Giacomo Porta e Domenico Scorticone.
    Paliotto con "Tre Angeli attorno a una finestrella-reliquiario" attribuita Francesco La Croix.
    Crocifisso in cartapesta di Giacomo Antonio Ponzonelli.
    Partiture marmoree incornicianti affreschi e finestre sono opere della bottega Porta-Scorticone.
    Il quadro di fondo "Sant'Anna e San Gioacchino", distrutto durante la guerra, e rifatto in chiave moderna nel 1995 dal genovese Raimondo Dirotti.

CORO
  1. Doppio ordine di stalli in legno, opera di maestranze francescane dello stesso convento dell'Annunziata.
    Nella volta del coro "Assunzione della Vergine", affresco di Giulio Benso

CAPPELLE ALLA SINISTRA DELL'ALTARE MAGGIORE:
  1. Cappella della Madonna degli Angeli. (Serra)
    Altare: marmo "Madonna col Bambino, detta Madonna degli Angeli" di Leonardo Mirano.
    Lato destro: tela "Adorazione dei Pastori" di Luciano Borzone. Altorilievo in marmo (sotto) "Madonna e Santi Battista, Carlo e Teresa" di Santo Varni. (1800)
    Volta: affreschi "Fuga in Egitto", "Gesù nel Getsemani", "Profeti" di Giuseppe Isola (1800).

  2. Cappella della Crocifissione.
    Altare: tela "Crocifisso e Maria Addolorata" di Francesco Scotto.
    Lato sinistro: tele "Nozze di Cana" e "Flagellazione" di Luca Saltarello.
    Lato destro: tele "Giuseppe interpreta i sogni" e "Negazioni di Pietro" di B. Strozzi.
    Volta: affreschi "Dio Padre" e "Angeli con gli strumenti della Passione" di G. Isola (1800).

TRANSETTO SINISTRO:
  1. Cappella di San Pasquale Baylon. (Balbi, Francescani)
    Altare: gruppi lignei policromi "Il Santo in estasi davanti all'Eucarestia" e "Francescani" di Anton M. Maragliano. Rivestimento marmoreo di G.A. Ponsonelli e Gaetano Quadro.

NAVATA SINISTRA:
  1. Cappella di San Francesco d'Assisi. (Chiavari)
    Altare: gruppo ligneo policromo "San Francesco riceve le stimmate" di A.M. Maragliano.
    Rivestimento marmoreo di Taddeo Carlone. Sopra le porte laterali, urne funerarie dei dogi Gerolamo e Gio Luca Chiavari.

  2. Cappella di San Diego. (Pinelli, Assereto)
    Altare: tela "San Diego risana gli infermi" di D. Piola.
    Pareti laterali: tele "Predica di San Diego" e "San Diego guarisce il figlio di Filippo II" di Domenico Piola.
    Arcone: affresco "Gloria dello Spirito Santo" di D. Piola.
    Rivestimento marmoreo e le tre Virtù teologali di G. Antonio Ponsonelli.

  3. Cappella dell'Immacolata Concezione. (Invrea, Torriglia)
    Altare: tela "L'Immacolata e Dio Padre" di D. Piola.
    Opere in marmo di Daniele Solaro.

  4. Cappella di Nostra Signora della Mercede. (Congregazione dei Mercedari)
    Altare: "Crocifisso" in legno intagliato di F. La Croix.
    Lato destro: olio su tavola "Crocifisso con Madonna, Santa Maria Maddalena e San Giovanni" di Luca Cambiaso.
    Il rivestimento marmoreo è stato rifatto nel dopoguerra.

  5. Cappella di Santa Chiara d'Assisi. (Frugoni)
    Altare: tela "Transito di Santa Chiara" di G. Battista Paggi. Rivestimento marmoreo di G.A. Ponsonelli, in parte ricostruito nel dopoguerra.
    Lato destro: tela "Martirio dei Francescani a Cauta" di Tommaso Clerici.
    Lato sinistro: tela "San Francesco Solano battezza i Mori" di G.B. Carlone.

  6. Cappella di San Clemente. (Lomellini, Di Negro-Spinola)
    Altare: tela "Martirio del Santo" di G.B. Carlone e opere marmoree di G. Gaggini.
    Lato destro: tela "San Clemente straziato con una celata rovente" di G.B. Carlone e, in alto, "Santo Stefano" di Gregorio De Ferrari.
    Lato sinistro: tela "San Clemente straziato con gli uncini di ferro" di G.B. Carlone e, in alto, "San Lorenzo" di G. De Ferrari.

CONTROFACCIATA:

Tela "Ultima cena" di Giulio Cesare Procaccini con ai lati due "Profeti" di Giulio Benso.

Foto
PULPITO:

A destra nella navata centrale all'altezza della cappella nº 5, il pulpito marmoreo opera della officina Scorticone-Porta.


FONTE BATTESIMALE:

Opera progettata nel 1800 da Angelo Diaz.


Le numerose lapidi funerarie del pavimento sono opere degne di nota e fra queste segnaliamo quella dello scienziato Gio Battista Baliano e quella dell'architetto Andrea Ceresola, detto il Vannone; quelle dei pittori G.B. Paggi, B. Brignole e i Bertolotto; degli scultori A. Piuma e G. Orsolino; dell'architetto G. Battista Orsolino; del giurista G.B. Casone e dei molti appartenenti alle famiglie Chiavari, Lomellini Tabarca e Invrea.


PALAZZO SPINOLA DI SAN LUCA-GENTILE, poi FABIANI
Via San Luca, 4


Foto Fu fondato nel 12º sec. e come primo proprietario ebbe la famiglia Spinola. Fu Iscritto nei Rolli al 2º bussolo nel 1614.
Nel 1828 vi nacque il cardinale Gaetano Alimonda.
L'edificio ospitò la Banca di Genova, fondata nel 1836 e legata alla storia del Risorgimento perché, con il mutuo di 20 milioni concesso alle finanze governative, diede un notevole contributo alla causa nazionale, non certo meno importante di una bella vittoria sul campo.
Nel palazzo inoltre ebbe la sua sede, dalla fine del 1800 alla sua soppressione nel 1926, la Camera del Lavoro.
Foto Sull'angolo di Vico San Raffaele, in una nicchia di marmo, spicca una statua della Madonna del 18º secolo.
Purtroppo l'aumentata richiesta nel 1800 di reperire locali da adibire a magazzini, in seguito allo sviluppo dei traffici commerciali, portò alla chiusura degli ampi porticati gotici che fiancheggiavano tutta la strada compreso questo palazzo, che subì la perdita del vasto porticato.
La struttura ha origine da una serie di inglobamenti di altri edifici, tra cui la chiesa di San Raffaele.
Nel 1614 passò sotto la proprietà dei Gentile, e ne dà testimonianza l'iscrizione nella lista dei rolli e nel 1600 fu ampliato per permetterne l'accesso al mare.
Sulla facciata una lapide in marmo ricorda il cardinale Alimonda.


VIA GARIBALDI

Foto

Via Garibaldi, STRADA NUOVA già MAGGIORE ,con decreto del 1558 o AUREA, titoli sostituiti nel 1882 da quello attuale.
Episodio decisivo per l'immagine cinquecentesca della città fu l'operazione Strada Nuova, nata a metà circa del 16º secolo sotto il dogato di Luca Spinola, come lottizzazione per l'ottenimento di finanziamenti necessari per i restauri urgenti della cattedrale di San Lorenzo.
Foto La strada esemplifica la volontà di rappresentanza espressa da una classe sociale al culmine di un prestigio economico determinato dagli intensi scambi finanziari con le maggiori potenze europee e rafforzatesi con il ritorno di Andrea Doria alla guida della Repubblica nel 1548.
Si intendeva provvedere al risanamento dell'area a monte della Chiesa della Maddalena e allo spostamento del preesistente postribolo nel soprastante Castelletto, liberando così Genova da una potenziale minaccia.
Infatti la zona era una piccola città senza negozi, chiese e scuole, composta solamente di tante casette di legno cioè "case di tolleranza". Fuori di qui la prostituzione era vietata e severamente punita e le donne sorprese ad esercitare il mestiere all'esterno della zona, venivano fustigate e ricondotte con la forza entro i confini. Solo il sabato potevano lasciare le loro case, astenendosi dal lavoro, dovendo versare una tassa sulle prestazioni effettuate, tassa utilizzata dal Governo per finanziare l'attività portuale e costruire nuovi moli.

Strada Nuova fu concepita principalmente come quartiere residenziale più che come strada, e trasformata in percorso di attraversamento solo con la realizzazione nel 1786 di Strada Nuovissima, oggi Via Cairoli.

La "VIA AUREA" dei genovesi venne gestita con un preciso programma edilizio controllato dal Magistrato dei Padri del Comune e attuato tra il 1558 e il 1588 con la realizzazione di otto dei palazzi previsti nel progetto originario, partendo dall'attuale Piazza Fontane Marose, ai quali si aggiunsero, difformi rispetto alla rigorosa maglia geometrica, la residenza di Nicolò Grimaldi a monte e quella di Baldassarre Lomellino a valle.

Foto Il grandioso complesso, ben presto celebrato dai rilievi del Rubens e completato solo nel 18º secolo, ha evidenziato la figura del comasco Bernardo Cantone De Cabio e, dopo un riesame approfondito di documenti, riemerge la presenza di un maestro perugino. La strada, esempio straordinario di costruire palazzi nella parte a monte con soluzioni per i successivi sviluppi dell'architettura genovese, pone la Via Aurea tra le soluzioni preparatorie della nuova sensibilità barocca, ed è la prima strada progettata senza il criterio medioevale, cioè le vie condizionate alle case costruite senza un ordine prestabilito, qui invece le forme architettoniche sono in funzione della strada.
La Strada Nuova si presenta come un rettilineo in lieve pendenza, lungo 250 metri e largo 7,5 metri ed è certamente la via più prestigiosa di Genova e una delle più belle d'Europa.
Vogliamo altresì ricordare una particolarità di Via Garibaldi: per migliorarne il drenaggio nel suo sottofondo stradale vennero sistemate in quantità ossa di animali.
Strada Nuova si apprestava quindi a rappresentare Genova e il suo nuovo modello abitativo alla nuova Europa, però la viabilità era un esclusivo percorso di celebrazioni nobiliari.
La strada, per la sua posizione centrale e per la sua eleganza, fu sempre frequentatissima soprattutto per le passeggiate delle nobili dame; da qui, dal 1783, partiva il corso carnascialesco che si concludeva all'Acquaverde.
Le fanciulle dalle carrozze gettavano mazzolini di fiori e i cavalieri rispondevano con gusci d'uovo pieni di essenze.
Tra i cortei più memorabili da ricordare quello del 1892 che ricostruiva il ritorno di Cristoforo Colombo, la cui passeggiata storica si snodava per molte vie cittadine, ma soprattutto Via Garibaldi era affollatissima, nonostante i 10 centesimi d'ingresso.
Il pubblico non si stancava di applaudire il Navigatore, il suo seguito, la corte spagnola, i pescatori della Catalogna, i "selvaggi" delle Indie carichi di frutta e di animali esotici.

Queste manifestazioni erano anche un'ottima fonte di guadagno per il caffè–ristorante Concordia, sistemato nel giardino pensile di Palazzo Bianco e frequentato soprattutto dall'élite genovese e da artisti (molto caro a G. Verdi) e per un altro caffè chantant, nei pressi di Vico Portello, la cui caratteristica era un cartello pubblicitario a lampione, sul quale i programmi venivano annunciati con disegni.

La via, come altre strade importanti di Genova, ebbe visite di papi, di capi di stato italiani e stranieri e ovviamente le solite sommosse, meno numerose ma sempre sanguinose e dolorose per chi riceveva le sassate.


PALAZZO di ANGELO GIOVANNI SPINOLA (Deutsche Bank)
Via Garibaldi, 5


Foto Fu costruito da Angelo Giovanni Spinola su progetto di Giovanni Ponzello tra il 1558 e 1564 e proseguito da Giulio Spinola.
Angelo Spinola, per accaparrarsi il lotto più grande di Strada Nuova, truccò la gara di appalto utilizzando l'antico ma efficace sistema delle bustarelle. L'accordo segreto con i Padri del Comune risultò vincente e il banchiere riuscì addirittura a battere l'offerta di Tobia Pallavicini.
Lo Spinola, appartenente alla nobile famiglia dei Marchesi di Arquata, era anche ambasciatore della Repubblica, nonché banchiere con una avviata attività a Toledo.
La realizzazione fu affidata a Giovanni Ponzello che, alla sua morte avvenuta due anni dopo, lasciò al suo primogenito Giulio il compito di completarlo.
Foto Il palazzo si impone per la sua severa monumentalità e fu condizionato dal forte dislivello della collina retrostante. Nel progetto originario la pianta tripartita di influenza alessiana, presenta una distribuzione interna basata su di un unico asse di simmetria.
La facciata fu decorata da Lazzaro Tavarone e dai Fratelli Calvi con quadratura ad affresco ed effigi di imperatori romani. Sulla volta ottagonale dell'atrio, sempre dei Calvi, venne rappresentato un ciclo pittorico celebrante la gloria degli Spinola.
Foto Al piano nobile si possono ammirare sale con affreschi fine 1500, opere di Bernardo Castello, Andrea Semino e Lazzaro Tavarone.
Alla fine del 1500 il cortile venne raddoppiato in profondità e furono prolungate le ali verso il giardino pensile ricavato nella collina, con il collegamento tra il piano nobile e il verde retrostante, tramite ampi terrazzi come copertura delle ali.

Foto L'apertura di Piazza Portello ha distrutto il legame tra il palazzo e l'ambiente naturale richiedendo un nuovo prospetto realizzato agli inizi del 1900.

Di proprietà degli Spinola fino al 1916, passò alla Banca d'America e d'Italia nel 1926; oggi appartiene alla Deutsche Bank e al primo piano nobile ospita il circolo privato culturale, cioè il prestigioso Circolo Artistico Tunnel, con le decorazioni di Andrea Semino, testimonianza preziosa della qualità aristocratica di una dimora patrizia.

Fu inserito nei Rolli sempre al primo bussolo e solo nel 1588 al secondo.


PALAZZO LOMELLINI PODESTÀ
Via Garibaldi, 7


Foto È il quarto palazzo sul lato a monte. La sua costruzione, a partire dal 1563, introdusse alcune novità importanti, quali la decorazione a stucco della facciata e l'atrio ellittico, perno della composizione, anticipando nuovi motivi propri del secolo successivo.
Fu progettato dal G.B. Castello, detto il Bergamasco, assistito da Bernardo Cantone, per il marchese Nicolosio Lomellino, e ceduto poi a Luigi Centurione, che fu il committente degli affreschi dello Strozzi, entro il 1614.
Successivamente nel 1711 passò alla famiglia Pallavicino quindi, nel corso del XIX secolo, alla famiglia Raggi.
Nel 1865 fu acquistato dal barone Andrea Podestà, che rivestì per tre volte la carica di sindaco e che fu l'artefice di importanti interventi imprenditoriali, urbanistici e sociali in Genova.
Per discendenza diretta attualmente il palazzo è pervenuto agli attuali proprietari, la famiglia Bruzzo.
Come già accennato il progetto è attribuito al Bergamasco, coadiuvato da Bernardino Cantone da Cabio.
Anche la progettazione della facciata, resa particolare da finissimi stucchi, è del Bergamasco. Da notare la configurazione ad "U" della pianta che introduce un movimentato rapporto con il terreno retrostante.

Foto L'interno è caratterizzato dall'atrio ellittico, punto focale in cui convergono e da cui si dipartono tutti i raggi visivi della composizione.
La decorazione a stucco della facciata e dell'atrio fu affidata a Marcello Sparzo. Il ninfeo del cortile con il mito di Fetonte, eseguito da Francesco Biggi su progetto di Domenico Parodi, fu realizzato nella prima metà del 18º secolo insieme all'ampliamento del giardino pensile e all'allungamento delle ali laterali dell'edificio verso il giardino che subì anch'esso una nuova sistemazione, con il rimodellamento della parte superiore con i due ninfei di Apollo che caccia il cinghiale e di Dioniso.

Nonostante che l'apertura di Piazza Portello e delle Gallerie abbia ridotto le dimensioni del giardino a monte, quanto ne rimane, unitamente alla torretta a minareto, propone un movimentato rapporto tra interno ed esterno e si caratterizza come uno dei luoghi più singolari della città cinquecentesca.
Il minareto bianco, visibile soprattutto dalla spianata Castelletto, è una torre cinquecentesca eretta per realizzare una scala di collegamento con un terzo terrazzamento e verso la "cisterna di acqua di Castelletto". Rrappresenta un magnifico belvedere.

Foto La decorazione interna risale ai primi del 1700 e fu realizzata da Domenico Parodi, Lorenzo De Ferrari e Marcantonio Franceschini. Il ciclo degli affreschi di Bernardo Strozzi risale agli inizi del 1600 e rimase occultato per circa quattro secoli.
L'opera dell'artista, inediti affreschi, fu riscoperta casualmente nel 2000 su precise indicazioni della storica d'arte americana Mary Newcome. Insieme al marito, durante un'ispezione di alcune stanze al piano nobile del Palazzo che le erano state date in affitto in occasione di un suo soggiorno in città, intuì la presenza di una volta posticcia nel salone principale prospiciente Via Garibaldi. D'accordo con la famiglia Bruzzo e con l'apporto dell'arch. Merlano – direttore dei lavori di restauro – fu deciso di procedere alla foratura della volta che permise l'eccezionale ritrovamento della volta originaria, riportando alla luce gli affreschi dello Strozzi, che risultarono ancora molto ben conservati.
L'attività del pittore all'interno del Palazzo era nota e ampiamente documentata dalle fonti. Nel 1623 lo Strozzi fu chiamato dall'allora proprietario, Luigi Centurione, per affrescare tre stanze, due recamerini, la loggia al primo piano nobile e lo scalone, da terminarsi in 18 mesi.
Questi affreschi furono considerati perduti in seguito al cancellamento ordinato dal Centurione dopo una lunga lite che oppose il pittore al committente.
Foto Nel 1625 lo Strozzi si rivolse al Senato della Repubblica per ottenere giustizia, dichiarando che il Centurione gli aveva richiesto di ridipingere più volte le sale senza pagare il lavoro "extra". Luigi Centurione rispose accusando il pittore di aver dipinto solo tre delle stanze previste, di aver già ricevuto adeguato compenso e di essere in ritardo sui tempi previsti. Non si trovò conciliazione e l'anno dopo il Centurione, non soddisfatto dalle decorazioni fatte dallo Strozzi, conservò solo l'affresco sulla volta della sala principale, che rimase visibile per circa un secolo.
La sala sarà poi ridotta negli spazi a seguito della ristrutturazione eseguita dai Pallavicini, nuovi proprietari, che all'inizio del 18º secolo controsoffittarono la sala, occultando gli affreschi dello Strozzi, consentendo però oggi di ritrovare intatta la qualità e la vivacità dei colori del grande pittore.
Foto Nella camera d'ingresso decorazioni risalenti alla fine del 16º secolo, con scene tratte dalla storia romana, opera probabile di una delle botteghe o dei Calvi o del Semino. Nella camera centrale, "l'Allegoria dell' Evangelizzazione del Nuovo Mondo", soggetto inedito dell'artista, conferma l'alta qualità raggiunta dal pittore negli anni 20 del 17º secolo. Nel riquadro centrale nella figura femminile si identifica "una allegoria della Fede che aiuta l'uomo ben vestito" (forse C. Colombo con le sembianze del Centurione, navigatore) ad imbarcarsi su di una scialuppa. Particolari le rappresentazioni di vita quotidiana degli "indiani", in cui si riconosce una "buffa" scena di cannibalismo. Nelle lunette, in parte danneggiate dalla controsoffittatura, uccelli esotici, che lo Strozzi poteva osservare in città, infatti Genova fino dalla metà del 16º secolo contendeva ad Anversa il primato del mercato più importante di uccelli esotici. Nella camera verso lato palazzo Tursi, si può ammirare la figura di una donna con ali rosse che regge un compasso, probabile "allegoria dell'Astrologia", mentre nell'altra camera verso Vico Lurago, una probabile "allegoria della Navigazione".
Al secondo piano nobile, oggi adibito ad abitazione privata, troviamo affreschi del 18º secolo e cinque tele che Marcantonio Franceschini eseguì a partire dal 1715 per la famiglia Pallavicini.

Il palazzo fu inserito nei Rolli al primo bussolo negli anni 1576, 1614, 1664 e al secondo negli anni 1588 e 1599.


PALAZZO CAMPANELLA (o di Baldassarre Lomellini)
Via Garibaldi, 12


Foto Fu fatto costruire nel 1562 da Baldassarre Lomellini su disegni di Giovanni Ponzello. Appartenne quindi ai Salvago prima del 1588, poi agli Spinola nel 1770, poi ai Serra nel 1778 e ai Campanella nel 1917.
Verso la metà del 1700 vi fu aperta al pubblico la biblioteca Franzoniana.
Il volume del palazzo è rigorosamente alessiano con tre assi accentrati e avancorpi laterali e proiettato verso l'alto da una curiosa loggetta sul colmo del tetto.
Del palazzo cinquecentesco non resta molto dopo la ristrutturazione voluta da Cristoforo Spinola alla fine del 1700, attuata dal Tagliafichi. Le camere furono affrescate dal Semino e troviamo inoltre opere del Ravaschio e del Traverso. Sulla facciata, a decorazione delle finestre, vi sono alcuni putti del Carlone, che realizzò pure l'originale portale in marmo con lesene doriche e cartella con la scritta latina "memore del tempo che verrà%quot;. Il Carlone fu anche l'artefice di un salottino affrescato al primo piano.
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Il palazzo durante l'ultimo conflitto subì notevoli danni e purtroppo ben poco rimase da tanta rovina.
Fu salvo il salone cinquecentesco del primo piano, chiamato degli Zecchini, e la sala con gli affreschi del Semino, purtroppo aggredita dalle insidie dell'umidità.
Ricordiamo inoltre l'opera di Giovanni Battista Castello "Enea e Didone" e il tempietto con busti neoclassici sulla terrazza.

Fu inserito nei Rolli al primo bussolo negli anni 1576, 1599, 1614 e al secondo negli anni 1588 e 1664.



Ricerca delle notizie a cura di Linda Maffei
del Centro Universitario del Ponente, Genova Pegli.





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